Maternità/Amore materno/Figura mostruosa
Arturo Martini
Arturo Martini
PITTORI
Maternità/Amore materno/Figura mostruosa
Posizione nel museo
PRIMO PIANO Sala 1
Posata su un seggio che funge da piedistallo e coperta quasi interamente da un mantello che crea ai lati un ampio panneggio, una figura inquietante dal volto incavato tiene in grembo il corpo emaciato di un giovane; la sua testa scompare nell’abbraccio che lo avvolge con mani ossute. L’opera, realizzata in gesso patinato, riporta gli stimoli del lungo soggiorno a Monaco di Baviera del 1909. Fino a tale data, il giovane Martini aveva ricevuto un primo apprendistato in ambito locale: Giorgio Martini, padre del già affermato Alberto, è suo insegnante di disegno presso la Scuola serale d’arti e mestieri. Nell’atelier dello scultore Antonio Carlini, attivo in città e stretto collaboratore dell’abate Bailo, impara le tecniche della formatura. In seguito, la frequentazione dell’ambiente veneziano e dello studio di Urbano Nono, la visita delle Biennali e la partecipazione alla vivace stagione di Ca’ Pesaro, lo conducono alle prime audaci prove di modellazione (come Equilibrio/Contrabbassista del 1908). Il periodo di Monaco, finanziato dall’industriale della ceramica trevigiano Gregorio Gregorj e dal direttore dei Musei di Torcello Cesare Augusto Levi, costituisce un momento importante nella sua formazione: epicentro della corrente artistica Jugendstil, Monaco rappresenta una meta internazionale molto in voga tra le giovani generazioni: basti pensare che nello stesso anno vi soggiornano anche Springolo, Bortolo Sacchi e Balsamo Stella, oltre ai fratelli De Chirico. Rientrato a Treviso, Martini elabora una serie di innovativi modelli in gesso per la fornace Gregorj, solo in parte entrati in produzione: la sperimentazione riporta le tracce di quell’esperienza, sia nell’uso raffinato della linea di gusto Secessionista (si veda il vaso Fiaba), sia nella scelta dei motivi, segnati da un’ambigua espressività. L’opera ne è un esempio efficace: i volumi geometrici essenziali che notiamo sul retro della scultura rivelano, sul fronte, una trasfigurazione spaventosa del gruppo madre-figlio, in cui la tradizionale iconografia delle Maternità è sopraffatta dal dolore devastante e deformante della morte, tema delle Pietà. È lo stesso Martini a richiamare, come precedente, lo scultore serbo Ivan Meštrović, tra gli espositori alla Secessione di Monaco del 1909: “L’amore verso Mestrovic”, ricorderà nei Colloqui, “era per quel fondo di barbaro che c’è anche in me”. Mai esposta durante la vita dell’artista ed acquisita dai Musei Civici trevigiani nel 1992, Maternità appartenne alla collezione dell’amica e scrittrice Nevra Garatti, il cui “salottino verde” era abituale ritrovo per artisti e intellettuali trevigiani.

Maternita

Maternita

Posata su un seggio che funge da piedistallo e coperta quasi interamente da un mantello che crea ai lati un ampio panneggio, una figura inquietante dal volto incavato tiene in grembo il corpo emaciato di un giovane; la sua testa scompare nell’abbraccio che lo avvolge con mani ossute. L’opera, realizzata in gesso patinato, riporta gli stimoli del lungo soggiorno a Monaco di Baviera del 1909. Fino a tale data, il giovane Martini aveva ricevuto un primo apprendistato in ambito locale: Giorgio Martini, padre del già affermato Alberto, è suo insegnante di disegno presso la Scuola serale d’arti e mestieri.
MULTIMEDIA
SCHEDA TECNICA
